Registrazione video a Bologna

Registrazione Video a Bologna, un saggio di Renato Barilli

Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista italiana “Marcatrè”, 58-60, nel maggio 1970, pp 137-143.

Ripubblicato da Feltrinelli, in R.Barilli, Informale, oggetto, comportamento, 1979.

Tradotto in inglese per REWINDItalia marzo 2012 da Simona Manca

La mostra Gennaio 70 si tenne a quella data nelle sale del Museo civico di Bologna, lo spazio che allora ospitava le esposizioni del Comune di Bologna, nel cuore della città, in attesa della costruzione della Galleria d’Arte Moderna, aperta quasi vent’anni dopo nell’area della Fiera, da cui poi di recente ha traslocato rientrando in centro e prendendo il nome di Mambo. Il Comune di Bologna aveva già anticipato una formula oggi molto diffusa, quella di agire attraverso una struttura autonoma di comodo, infatti aveva costituito un Ente Bolognese Manifestazioni Artistiche cui spettava soprattutto la gestione delle magnifiche Biennali d’arte antica che avevano riscattato da un sonno secolare la famosa Scuola emiliana del Seicento, con i Carracci e Guido Reni in testa. In parallelo si facevano pure delle Biennali d’arte moderna, ispirate in genere a esiti di tardo Surrealismo, la tendenza di gusto allora sostenuta dal PCI locale, egemone sulla vita culturale petroniana. Ma si era sentito l’obbligo di prestare pure attenzione alle forme di sperimentazione più avanzata, e dunque si era deciso di “aprire” a me che, grazie alle mie recensioni sul “Verri”, rappresentavo allora nel contesto cittadino una linea d’avanguardia. Mi erano stati posti accanto in qualità di garanti Maurizio Calvesi e Andrea Emiliani, membri della Soprintendenza che gestiva appunto le Biennali d’arte antica, mentre io stesso avevo cooptato un critico di prima linea quale Tommaso Trini, con cui avevo deciso che il cuore della mostra doveva essere costituito dall’Arte povera. Si noti che si era a ridosso del ’68 e del suo atteggiamento ostile verso le mostre ufficiali, culminato nella decisione, presa alla Biennale di Venezia di quell’anno drammatico, di rivoltare le tele contro la parete o di lasciar chiuse le sale. L’Arte povera, con le sue proposte rivoluzionarie, era in prima fila nel condurre la protesta, e dunque appariva solo in Gallerie private. Ma aveva già fatto un’eccezione nel ’69 presentandosi ad Amalfi con alcune installazioni e performances. Fu però proprio l’appuntamento bolognese quello che la mise in evidenza in primo piano, invitandone al completo i vari membri. Io ero già fedele al mio metodo, confermato anche in seguito, di non fermarmi solo su un movimento ufficiale e vincente, ma di paragonarlo anche ad altri aspetti, quindi invitai anche alcuni esponenti della stagione Pop (Ceroli, Del Pezzo, Marotta, Pozzati e Ruffi tra gli altri, e anche altre figure di punta del momento come Gino De Dominicis e Eliseo Mattiacci), ma certo era il nucleo dei Poveristi a costituire il piatto forte della manifestazione. Bisognava però trovare un argomento per superare la diffidenza che nutrivano verso le occasioni pubbliche, questo fu trovato, su consiglio di Trini, proprio nell’adozione della videoregistrazione, allora ai primi passi. Io, nella mia qualità di principale curatore di Gennaio 70, in quanto operante proprio a Bologna, sposai questa causa col fanatismo del neofita, strinsi un contratto con la Philips che mi diede una telecamera, allora ai primi passi, con relativi inservienti, e con questa piccola squadra mi misi a disposizione degli artisti, soprattutto della squadra dei Poveristi, interessati alle azioni, laddove i Pop artisti presentavano opere già confezionate in studio. Vale la pena di ricordare che quella fu una delle prime volte in cui si procedette a una registrazione immediata, e anche all’aperto, nei luoghi più disparati scelti dai vari artisti. Più tardi, quando entrai in contatto con Gerry Schum, lui stesso ammise che il suo procedimento, al momento dei celebri video da lui dedicati alla Land Art, era stato più cauto, in un primo tempo si era valso di una cinepresa, riversando poi la pellicola su nastro elettromagnetico ma solo in studio. E certo fu una delle prime volte in cui nelle sale di una mostra si piazzarono dei monitor collegati a circuito chiuso dove venivano trasmessi di continuo i video registrati per l’occasione. Purtroppo sia il carattere acerbo di cui allora soffriva la videoregistrazione, sia l’incuria dell’Ente organizzatore, che non credeva assolutamente a questo prodotto, sia anche una mia personale disattenzione, hanno provocato la perdita di questo materiale prezioso, di cui ora resta solo la descrizione che segue, affidata al secondo dei volumi di Informale oggetto comportamento, Feltrinelli, 1979 e edizioni seguenti (ultima 2006), pp. 85-95. Quasi sempre però i singoli artisti, del tutto soddisfatti da quelle esperienze, le hanno rifatte in seguito con tecnica migliore.Visualizza il pdf del saggio qui

Video recording in Bologna. An Essay by Renato Barilli

This article was first published in the Italian magazine Marcatrè, 58-60, in May 1970, pp. 137-143.

Republished by Feltrinelli in R.Barilli, Informal, object, behavior, 1979.

Translated into English for REWINDItalia March 2012 By Simona Manca

The exhibition Gennaio 70 (January 70) took place in the civic museum in Bologna, in the heart of the city. Bologna had an established tradition of art exhibitions both of classic and modern art. For Gennaio 70 the organizing committee made up of Maurizio Calvesi, Andrea Emiliani, the critic Tommaso Trini and I decided that the exhibition’s main focus should be on Arte povera. It was just after 1968, Arte povera, given its revolutionary stance, had only appeared in some private galleries in Amalfi in 1969. The Bologna exhibition gave it more visibility by inviting all of its representative artists. However, in order to strike a useful comparison I also invited artists from Pop art such as Ceroli, Del Pezzo, Marotta, Pozzati, Ruffi, Gino De Dominicis and Eliseo Mattiacci.

In order to overcome the Arte povera artists’ reluctance towards public exhibitions, following Trini’s advice, I decided to use a video-recorder. With the enthusiasm of the neophyte I signed a contract with Philips that provided me with a camera. It is worth stressing that this was one of the first times that art events were recorded live, including outdoor.

Later when I came into contact with Gerry Schum, he admitted that his use of video for the famous Land Art works had been more cautious by transferring the film onto electromagnetic reel only in the studio.

So this was one of the first times when close circuit monitors were placed in exhibition rooms in order to show videos taped particularly for that event.

Unfortunately, due to inexperience in the practice of videotaping, my personal carelessness and that of the organizing body which did not give much credit to this technique – all this precious material has been lost, what is left is a description to be found in volume two of Informale oggetto comportamento, Feltrinelli, 2006 (initially published in 1979), pp. 85-95. Almost every artist found the whole experience in Bologna so satisfactory that they decided to produce again similar works, albeit by applying a better technique.

View the pdf of the essay translated here